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Il controllo fiscale sui social network e il difficile connubio tra contrasto all’evasione e privacy

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Di Susanna D’Alessio e Alessandro Alongi

Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, il mese scorso, in audizione alla commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria ha affermato che la lotta all’evasione fiscale «è un’emergenza paragonabile al terrorismo» e ha annunciato imminenti contromisure del governo per combatterla.

Infatti, sembra che vi saranno molti più controlli fiscali e che per svolgerli, l’Agenzia delle Entrate potrà mettere in campo tutti gli strumenti possibili, tra cui, la chiacchieratissima intelligenza artificiale. Nello specifico, il viceministro ha fatto cenno a controlli fondati sul “data scraping”, che, in parole semplici, è una tecnica consistente nel prelevare dati dalle pagine di un sito Internet, classificarli in base alle loro caratteristiche, suddividerli per categorie e archiviarli all’interno di un database.

In altre parole, la Guardia di Finanza e l’Agenzia potranno ricostruire il reddito di un contribuente attraverso le informazioni ricavate dal web. Tale possibilità, va detto, non è del tutto nuova. Infatti, già nel 2016, l’Agenzia delle Entrate nel dettare le regole operative per i controlli fiscali aveva affermato che “Dal punto di vista operativo, alle notizie ritraibili dalle banche dati si aggiungono quelle che pervengono da altre fonti, ivi incluse fonti aperte, per cui lo scenario informativo è ampio e variegato” e lo stesso avevaribadito anche la Guardia di Finanza nel 2018. Ebbene, le “fonti aperte” ovvero non regolamentate, sono proprio gli articoli stampa, siti internet, social network, da qui il nome dato a tale controllo di “socialometro”.

La metodologia di accertamento alla base, nota come accertamento sintetico, si fonda su una presunzione legale di coerenza del reddito complessivo dichiarato con quello desumibile dalla valorizzazione delle spese del contribuente.  Il ragionamento del legislatore tributario è che nessuno spende più di quanto guadagna o dispone a titolo patrimoniale (parametro del cd. bonus pater familias) e, quindi, gli accertatori partendo dalle spese (certe), ricostruiscono il reddito del (fatto ignoto) per verificare se quanto dichiarato dal contribuente è in linea con il suo tenore di vita.

Resta da sciogliere però un nodo cruciale: come si porrà tale strumento accertativo così invasivo delle vite private rispetto alla tutela della privacy. Lo stesso viceministro ha detto che l’Agenzia delle Entrate dovrà confrontarsi e collaborare con l’Autorità garante della Privacy, ma sorge allora spontanea la domanda: si può conciliare il controllo fiscale tramite social network con il diritto alla privacy ?

La questione della conciliazione tra il controllo fiscale tramite i social network e il diritto alla privacy è sicuramente complessa e delicata. Da un lato, è comprensibile che le autorità fiscali vogliano utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per contrastare l’evasione fiscale e garantire l’equità fiscale per tutti i contribuenti. Dall’altro lato, il diritto alla riservatezza è un principio fondamentale che va tutelato in ogni circostanza.

È chiaro che l’impiego di strumenti accertativi invasivi come l’analisi dei dati presenti sui social richiede un bilanciamento accurato tra l’esigenza di garantire la conformità fiscale e il rispetto della sfera privata dei cittadini. In tal senso, è essenziale che vi sia una stretta collaborazione e un dialogo costante tra l’Agenzia delle Entrate e l’Autorità garante della Privacy al fine di definire protocolli e procedure che salvaguardino adeguatamente i diritti dei contribuenti.

Questo processo richiede una riflessione approfondita su diversi aspetti, tra cui la finalità dell’utilizzo dei dati provenienti dai social network, le modalità di accesso e trattamento di tali dati, nonché le garanzie per evitare abusi o violazioni della privacy. È fondamentale che vengano stabilite norme chiare e trasparenti per regolare l’uso di queste tecnologie, assicurando che siano rispettati i principi di proporzionalità, necessità e riservatezza.

In ultima analisi, la conciliazione tra il controllo fiscale e il diritto alla privacy richiede un equilibrio delicato e continuo adattamento alle evoluzioni tecnologiche e normative. È un compito complesso, ma fondamentale per garantire che i cittadini possano godere dei propri diritti senza compromettere l’efficacia delle politiche fiscali.

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay